Tra i vitigni d'Asti il misterioso tesoro dei Farnese

In un antico castello (detto dei Malamorte), tra i rigogliosi vitigni del Piemonte, a Belveglio d’Asti, storia e leggenda s'intrecciano quando si parla del misterioso tesoro dei Farnese.

Realizzato tra il XI ed il XII secolo, oggi è noto come il “Castello di Concerti”, grazie all’impegno dell’attuale proprietaria, la musicista Marlaena Kessick che, con l’Ente Concerti Castello di Belveglio, organizza preziosi momenti musicali.

Ma nei primi decenni del secolo scorso, in questa imponente fortezza risiedeva un certo Hector Petrausch, conte montenegrino, che lo aveva comprato e rifatto fondendo lo stile liberty allora in voga con motivi architettonici cavallereschi.

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Il conte, un tempo proprietario di immani ricchezze, era finito in rovina per via delle costose ricerche, sedute spiritiche incluse, nella speranza di trovare un immenso tesoro che era convinto fosse sotto i suoi piedi.

Per la verità, la sua non era una credenza da visionario perché, durante i lavori di restauro, il conte scoprì che, sotto il castello, vi erano rovine di costruzioni precedenti assai estese e con numerosi cunicoli e sotterranei, di cui uno doveva portare alle rive del torrente Tiglione, un altro al castello di Mombercelli ed altri ancora non si sa dove.

Per cercarlo, come detto, il nobile montenegrino dilapidò un'autentica fortuna e, perseguitato dai creditori, a metà degli anni Cinquanta, fu costretto a vendere il castello.

Lo acquistò un facoltoso erborista, Giuseppe Barberis, anche lui convinto della effettiva presenza di un tesoro nei sotterranei del castello. Lui, però, si affidò a metodi di ricerca più concreti: reclutò un ingegnere milanese, Alessandro Porro, che si presentò al castello con un modello pionieristico di metal detector di sua invenzione capace di individuare (e la individuò) una grotta sotterranea con iscrizioni in oro che narrano una vicenda a quel tempo inedita per i manuali di storia.

Protagonista della vicenda - riportata da alcuni antichi testi e documenti rinvenuti al maniero - era il duca Matteo Maria Farnese e sua moglie Zeusa Ellenica.

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Farnese, di cui si sapeva poco, era nipote di Paolo III – che prima di diventare sacerdote e papa ebbe tre figli – e figlio illegittimo (come indica il suo stemma sbarrato) di Pier Luigi Farnese che fu assassinato in una congiura.

L'imperatore di quel tempo era Carlo V, ma il duca non volle sottostargli e si arroccò con i suoi fedeli scudieri nel castello di Belveglio.

L’assedio durò tre anni, poi, stremati, dopo aver perso in battaglia oltre duecento soldati, invece di consegnarsi prigionieri all’imperatore, il duca e la sua sposa scesero nei sotterranei e si uccisero bevendo del veleno di pungitopo.

Nei vicini sotterranei adibiti a forzieri e nella sala d'armi giacciono gli scheletri dei soldati che, fedeli fino all'ultimo, condivisero il destino del duca. E il tesoro? Secondo alcuni scritti, fu ammucchiato in una caverna adiacente il sepolcreto, gettato in fondo ad un pozzo nel quale si trovava una scala a chiocciola che poi venne demolita per impedire che si raggiungesse la cripta. In ogni caso, finora, le ricerche non hanno dato risultati.

Gli scavi di ricerca furono portati avanti per qualche tempo, anche con persone del posto, furono trovate parecchie monete d'oro, ma il rischio di cedimenti nelle gallerie consigliarono di interrompere l'attività.

Intanto, però, la terra ha reso più dell’oro dei Farnese: coltivata bene, ha infatti prodotto i mitici vitigni dell'Asti.

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