Da 35 anni Marco Faraoni è uno dei massimi esperti italiani di metal detector.
Una fama che, soprattutto nell’area romana, si è costruito nel tempo da quando, sul finire degli anni ’80, faceva ricerche con un modello artigianale auto-costruito: “Era uno strumento basico un po’ arrangiato, ma di grande efficacia”, ricorda oggi con il sorriso.
Da quel modello del giurassico ne è trascorso di tempo ed oggi Marco, dopo una vita dedicata al metal detector, è finalmente arrivato a pochi anni dalla pensione: “E non vedo l’ora di chiudere bottega - ammette - così potrò avere più tempo per la mia passione”.
Una passione che l’ha portato anche a scrivere un libro - “Tombaroli per caso” - dove, con l’ausilio di carteggi antichi e documenti ufficiali, racconta le esplorazioni della civiltà etrusca nel Lazio: “Di quegli antichi insediamenti - spiega Faraoni - oggi resta ben poco di visibile. Gran parte dei resti, infatti, si trova sotto dei campi arati, dunque ormai inaccessibili.
Nel libro, infatti, non ci sono foto documentali perché la presenza di quelle vestigia etrusche, ad oggi, è intuibile ma purtroppo non più riscontrabile con la vista. Sono tesori di grande valore storico, ma che dobbiamo considerare sepolti per sempre”.
Marco, come è nato l’amore per i metal-detector?
“E’ nato per caso coltivando la mia passione per la ricerca e per le esplorazioni in generale. Fu un poliziotto, attorno al 1986, a costruirmi il mio primo metal detector artigianale”.
Quali sono le zone italiane che tu consideri più interessanti per la ricerca?
“Tutte e nessuna. A volte spazzoli terreni da cui non ti aspetti nulla e, all’improvviso, spuntano reperti e cimeli. La verità è che molto dipende anche dalla capacità del detectorista di saper trovare le cose”.
In che senso?
“Qualche tempo fa mi chiamò una persona di Imola che voleva cambiare il suo metal detector perché, diceva, di non trovare più niente. Sono arrivato con il mio metal detector e, nel giro di pochi istanti, ho trovato 7-8 monete”.
Dunque, a volte il dispositivo non è tutto…
“Negli anni ho imparato che puoi avere il metal più evoluto, ma se manca la tecnica e la capacità di tararlo nel modo più corretto, la ricerca ti darà sempre più delusioni che gioie. In particolare, se usi modelli di alta gamma, un po’ di dimestichezza la devi avere”.
La zona di Roma, dove vivi, è comunque molto ricca di ritrovamenti. Quali sono quelli che ricordi con maggior soddisfazione?
“Abbiamo trovato dei reperti di archeologica bellica, in particolare degli elmetti militari, che ovviamente abbiamo consegnato al museo locale dei partigiani”.
Tu ti occupi anche di “pulizia ecologica”?
“Sì è un aspetto molto importante di questo hobby. Assieme a tanti colleghi, ad esempio, abbiamo bonificato tanti boschi nell’area romana, trovando anche numerosi ordigni che poi il Genio ha fatto brillare. Ripulire la natura dai rifiuti metallici è l’aspetto più bello e nobile della ricerca perché ti offre la possibilità di dare un contributo concreto al rispetto della natura.
Anche per questo aspetto educativo il metal detector è un hobby che andrebbe consigliato ai giovani”.