Il Moro Frun

Qui da noi ci sono le “mende”, che in italiano si possono tradurre come soprannomi di famiglia.

Frun era la menda data ai Faccin, una famiglia di Borso del Grappa, un tranquillo paese ai piedi della montagna e “il Moro” era il soprannome personale di Agostino Faccin; quindi ne derivava che Agostino Faccin era il Moro dei Frun, semplificato in Moro Frun; etimologia completata.

Il termine “Moro” in veneto ha più significati: è moro l’africano, è moro chi è scuro di capelli ma può essere moro anche chi è spesso imbronciato o con un carattere “difficile”, lascio a voi lettori l’interpretazione, diciamo che di certo Agostino non era africano.

Sul finire del diciannovesimo secolo, il club alpino Italiano, decise di costruire sulla cima del monte Grappa la baracca Bassano, che poi diverrà negli anni rifugio Bassano.

Per gestire quella primordiale baracca isolata ed in alta montagna serviva una persona particolare, il custode doveva essere un individuo abituata alla vita solitaria e capace di ambientarsi e vivere in condizioni a volte estreme. La scelta fu proprio il Moro Frun.

Lui lassù viveva sereno, accogliendo i primi turisti e molti studiosi di botanica che vedevano nel Grappa un enorme museo a cielo aperto. Il Moro preparava loro il suo famoso “pollastro in tòcio” una saporita cottura del pollo che letteralmente nuotava nel sugo, preparato con pomodoro e grasso rilasciato in cottura dal pollo ruspante. Quel piatto era talmente leggendario che i cittadini erano disposti a salire a piedi i quasi duemila metri di dislivello per poterlo assaporare. Ecco appunto – duemila metri di dislivello a piedi – dopo una tale scarpinata, senza nulla togliere al leggendario piatto, qualsiasi pietanza sarebbe stata divina e succulenta.

Il Moro però aveva un caratteraccio e proprio non sopportava i superbi o chi pretendeva di comandare sul suo Grappa. Quando arrivò la Grande Guerra nella nostra montagna, più volte il Moro fu invitato a scendere, ma nulla e nessuno riuscì a convincerlo, nemmeno l’intervento del parroco.

Quando lo dissero all’ufficiale italiano incaricato dello sfollamento, questo andò su tutte le furie:

“Branco di incapaci, come possiamo pensare di vincere una guerra se non riuscite nemmeno a comandare un montanaro insolente!” e detto fatto, partì personalmente per salire in Grappa e cacciare il Moro dal rifugio.

Quando il giovane ufficiale si trovò faccia a faccia con il Moro, sfoderò tutto il suo saccente carattere e gli ordinò tassativo:

“Montanaro, vattene da questa baracca, prima che ordini ai miei uomini di bruciarla con te dentro

Il Moro in tutta risposta, imbraccio il suo fucile da lepri e scaricò una violenta impallinata contro il povero ufficiale che per sua fortuna fu agile nel saltare dietro ad un grosso tavolo di noce, ritrovandosi a terra, tremante come una foglia.

I soldati, fuori dalla baracca se la ridevano, scambiandosi battute del tipo:

“Piuttosto di affrontare il Moro, fermo più volentieri un intero reparto di Striaci”.

“Quel poveretto non ha idea di essersi messo contro il demonio in persona”.

L’ufficiale era talmente terrorizzato che non riusciva a muoversi, sentì il Moro avvicinarsi, poi si sentì sollevato per il bavero della giubba e se lo trovò a pochi centimetri dalla faccia. Vide bene e da vicino quel volto rugoso, segnato dal sole e dal gelo della montagna, quei baffi crespi e ingialliti dal fumo.

Il Moro lo fisso e disse solo poche parole:

“e così sia, me ne scendo in pianura per un po’, ma bada bene, se in un anno non la fate finita voi e quelli là dall’altra parte, vengo su di nuovo e vi sistemo tutti io”

Detto questo lo fece pesantemente cadere a terra e se ne andò.

“Sistemo tutto io”.

Una frase tanto piena di spavalderia da far quasi sorridere. Nessuno saprà mai se il Moro sapeva che “quelli là” erano l’esercito Austroungarico eccitato dalla vittoria di Caporetto, di fatto, la guerra in Grappa, durò un anno e poi il Moro poté ritornare lassù nella sua Baracca.

A chi lo incontrò negli anni del dopoguerra, mentre era intento ad andare a raccogliere granate e ferro, amava ricordare che fu lui a far finire la Grande Guerra in Grappa:

Un anno gli avevo detto, ed un anno è durata. Nessuno prende in giro Il Moro dei Frun, sapevano bene, quelli là, che io non scherzo”.

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