A Rieti spuntano covi sotterranei delle Brigate Rosse

Grazie ai metaldetector nelle campagne di Rieti spuntano i covi sotterranei delle Brigate Rosse

E' stato il sibilo intermittente di un metal detector a far capire che la "soffiata" era giusta. In un bosco secolare dell'Alto Lazio, nel cuore della Sabina, tra sassi, zolle di terra e arbusti, protetti da una lastra di ferro arrugginito, dopo oltre 40 anni, sono riaffiorati alcuni frammenti di storia del terrorismo italiano.

Lo hanno chiamato il covo sotterraneo delle Brigate Rosse ma, meno prosaicamente, si tratta di un deposito clandestino dei terroristi che, forse sentendosi braccati, hanno pensato bene di far sparire quella mole compromettente di oggetti e documenti.

Eh sì perché tra

  • Munizioni per pistole
  • Mitragliatori
  • Indumenti militari
  • Giubbotti antiproiettile
  • Targhe e timbri

chiunque fosse stato trovato con quell'armamentario negli "anni di piombo" non l'avrebbe fatta franca.

Interrati da qualche militante eversivo, probabilmente attorno al 1977, sono i macabri resti della lotta armata che ha insanguinato l’Italia quasi mezzo secolo fa, spuntati dal sottosuolo com’è accaduto in passato con i cimeli bellici della Seconda guerra mondiale o le armi dei partigiani dopo la Resistenza.

La polizia li ha trovati in 2 pozzetti rivestiti di eternit nel comune di Poggio Catino (in provincia di Rieti) dopo aver ricevuto una segnalazione e cercato per quasi 2 giorni.

E ti dirò di più...

Vigili del fuoco e uomini della Digos hanno perlustrato palmo a palmo con l'ausilio dei metal detector quella porzione di terreno. E quando i dispositivi hanno iniziato a "suonare" sono entrate in azione le ruspe.

Capire chi, quando e perché nascose documenti e armi, a distanza di oltre 40 anni, diventa quasi impossibile. Così come nessuno sa se e quanti altri depositi nascosti dai terroristi siano ancora interrati in quel rigoglioso bosco laziale. Una cosa è certa però: nell'area, sono aumentate in maniera significativa la presenza di ricercatori che - tra querce e radure - sperano magari di trovare un terzo nascondiglio clandestino.

Si tratta per la verità di un filone del tutto nuovo per il mondo della ricerca che mai tra i suoi possibili obiettivi aveva annoverato i cimeli di un periodo così complesso della nostra storia repubblicana come quello del terrorismo rosso

Nel primo nascondiglio c’erano alcuni documenti cartacei firmati con il simbolo delle BR tra cui uno scritto nel dicembre ’75 dai "compagni militanti detenuti" nel carcere di Torino. Un altro testo era del comitato rivoluzionario toscano del giugno ’77 (quando i terroristi spararono alle gambe di Indro Montanelli).

Continua...

Inoltre vi erano una scheda informativa con informazioni dettagliate sulla vita privata e pubblica del leader democristiano Antonio Bisaglia, uno schema intitolato "attuale organigramma del potere" che parte dal presidente del Consiglio e arriva al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, all’epoca responsabile della sicurezza nelle carceri. Molti fogli sono illeggibili. Ma non tutto è perduto.

Se nel 1° rifugio il metal detector ha suonato a causa delle cartucce, nel 2° rifugio è stato per via di una targa svizzera del Canton Ticino finita chissà come nelle mani dei brigatisti. Era dentro un bidone con i resti di alcune divise militari. 

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